Come molte storie di cambiamento, anche la storia della mia scuola di pittura trova il suo momento di svolta nel corso di questi ultimi due anni, con la Pandemia di mezzo.
Tempo fa ho iniziato a prendere appunti. Come molti, sognavo un modo per arrivare a più persone, aiutandomi con il mezzo online per evitare un enorme sforzo.
In classe sono arrivata ad avere 9 corsi di pittura a settimana, in città sempre diverse: un record che credo non supererò, se voglio mantenere una certa stabilità mentale. Sapevo di voler investire nel mio progetto di Scuola, ma se lavori a tempo pieno e hai una famiglia e degli interessi, fermarsi e investire su un progetto che non porta risultati immediati è decisamente difficile.
Quando è scoppiata la Pandemia ho avuto per la prima volta il tempo di rileggere con calma tutti gli appunti presi, e di accorgermi che li mettevo da ben 5 anni tutti in un quaderno. 5 anni di idee, programmi, appunti di cose successe in classe, che si sommavano ai 13 in cui avevo insegnato sul campo. Anni di “usare il pennello a goccia”, “diluire il colore con acqua o con medium”, o “composizione dei colori: metodi veloci”. In più, io insegnavo a gruppi che facevano parte anche delle Università della Terza età… mi sono detta che dovevo trovare subito qualcosa che li aiutasse a riempire il loro tempo in modo positivo. Non potevo permettere che restassero in balia della negatività e della paura generate dalle notizie in tv. La mia “filosofia di vita” è ben diversa da questo.
Così ho iniziato a dare lezioni via Skype, che all’epoca era il mezzo più conosciuto: un disastro. Le lezioni in diretta diventavano molto difficili da gestire, soprattutto per persone che il computer fino a quel momento lo avevano tenuto più che altro perché “serve”, ma a cosa non si sa. Mi sono resa subito conto della difficoltà di trovare le parole giuste per parlare con ognuno di loro. Immagina quando parlavo di “stendere il colore cremoso”, o “usare il pennello piatto per fare un fondo omogeneo”: erano cose che dal vivo avevano sperimentato molte volte, ma il mezzo di comunicazione le rendeva diverse, e difficilmente gestibili. Così ho iniziato registrare delle lezioni e mandarle via Whatsapp. Alternavo foto e audio, e creavo delle sequenze dove, per pochi minuti di audio, creavo molti minuti di pittura.
Ha funzionato a meraviglia. Senza accorgermene, ho avuto una cinquantina di alunni. Di lunedì facevo le revisioni del lavoro fatto, correggevo e suggerivo modifiche e mettevo tutti nelle condizioni di concentrarsi su qualcosa di positivo. Quello che ho realizzato con questo metodo è anche che quello che magari in gruppo può sfuggire o non essere recepito, quando ti trovi ad ascoltarlo da solo nella tua sessione di pittura diventa immediatamente chiaro.
Ho capito che ero sulla strada giusta, e ci ho creduto. Quella è stata in pratica la versione BETA della mia scuola. E molte lezioni che ancora oggi fanno parte dell’offerta, sono proprio quelle registrate in quei momenti. Potrei registrarle di nuovo, potrei migliorare l’audio, ma in fin dei conti, se i contenuti sono gli stessi che registrerei oggi, perché dimenticare la “nostra” storia?
In quel momento l’urgenza di tenere delle persone che ritenevo bisognose di aiuto occupate mi ha fatto capire che l’audio era il mezzo perfetto da usare. In quel momento ho lavorato con i mezzi che avevo, non c’era il tempo di documentarmi sulla strumentazione più adatta, volevo catturare l’attenzione dei miei alunni subito.
Ora registro professionalmente, e non nascondo che a volte mi scoccia un po’ avere degli audio che potrebbero essere molto più “puliti”: ma per una volta nella vita, ho deciso che anche io potevo applicare la regola ”fatto è meglio che perfetto”, altrimenti avrei preso appunti per altri 5 anni, invece di aprire questa scuola e scoprire che quello che avevo immaginato effettivamente funzionava!
Questo passaggio mi ha aiutato a capire da subito che non volevo fare l’ennesima scuola di pittura piena di video. Non è il mio modo di studiare, e avevo bene in mente il tipo di utente che cercavo, perché di fare la gara contro le grandi piattaforme già esistenti non ne avevo nessuna intenzione, e perché volevo offrire una vera alternativa a chi studia “come me”, con l’esigenza di mettere subito in pratica quello che gli è stato appena spiegato.
Da anni studiavo i modelli di apprendimento, e sapevo esattamente dove volevo arrivare. Per cui quando ho dovuto capire come volevo ordinare e presentare i miei contenuti, è stato tutto molto chiaro. Ecco la storia di come è nata la mia Scuola di pittura Et voilà: che dici, ti ho fatto venire voglia di provare?
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