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Ho "esposto" in Biennale!

Ebbene sì. Quest’anno ho “esposto” in Biennale. 

 

(Se me lo avessero detto quando studiavo a Venezia e la Biennale era per me l’appuntamento più atteso ed emozionante dei miei anni veneziani, avrei pensato a uno scherzo.)

 

Ma perché ho usato le virgolette? 

 

Perché non ho esposto in senso classico come artista: ho fatto qualcosa che potrei quasi definire un “dietro le quinte”. Ho portato il mio lavoro di decoratrice e restauratrice in uno dei padiglioni dei Giardini. 

Il risultato finale del mio lavoro è diventato parte del contesto in cui gli artisti hanno esposto le loro opere: ho restaurato una fontana per dare l’illusione che fosse lì da sempre. 

 

Il mio lavoro è diventato quasi invisibile alla fine, eppure fondamentale per gli artisti e parte integrante dell’esperienza di ogni visitatore. 

 

Nei giorni in cui mi sono recata ai Giardini della Biennale per realizzare e poi completare il mio lavoro, come puoi immaginare c’era un fermento incredibile tra artisti e addetti ai lavori che dovevano assicurarsi di finire tutto in tempo per l’inaugurazione. 

Io sapevo perfettamente cosa volevo fare e quale risultato raggiungere, e sapevo che sarebbe stato un lavoro lento, anche in mezzo a quel fermento inarrestabile. 

 

In quel momento dovevo lavorare con l’invisibile. L’effetto di quello che stavo facendo non si sarebbe visto prima di 1 ora, e nel frattempo io dovevo prendere delle decisioni su come procedere con il lavoro. 

 

Così mi sono resa conto che non è importante solo “quello che sai fare”. Conta tutta la conoscenza e l’esperienza accumulata negli anni perché il tuo lavoro diventa un riassunto di scelte da mettere in atto in quel momento, con le condizioni a cui devi lavorare. 

Sembra incredibile a dirsi, perché lavorare con gli artisti dovrebbe aprirti le porte a un’immaginazione che forse non sapevi di avere, ma in quel contesto mi sono resa conto che per loro non era automatico vedere l’invisibile insieme a me. 

 

Non era facile far capire agli artisti come si sarebbe sviluppato il lavoro, chiedere loro uno sforzo di immaginazione per capire quale sarebbe stato il passo successivo. 

Quel giorno ho capito che in alcuni contesti la mia è una professionalità difficile da raccontare. Sommersa e a volte invisibile, come quelle macchie sulla fontana che dovevamo aspettare comparissero coi loro tempi. 

 

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